Domande

Quando il male trama contro il bene

Domanda: Nella prima sezione di Luca 6 vediamo gli apostoli sfamarsi cogliendo spighe di grano in giorno di sabato. Subito i farisei pongono a Gesù la questione del riposo sabbatico e ai vv. 7-8 Luca rileva il loro pregiudizio contro Gesù. Si dice però che Gesù “conosceva i loro pensieri”. Noi, purtroppo, non conosciamo il cuore (= mente) di chi ci sta di fronte. Come dobbiamo fare per cercare di essere più attenti agli agguati che satana ci tende? (Patrizia).
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Risposta:

Grazie della domanda, la quale sembra contenere la sua stessa risposta: stare più attenti. Ma non è semplice stare attenti, e talvolta non basta. Come Gesù, anche Giuseppe era un ragazzo pieno di talenti e saggezza, eppure non avrebbe mai immaginato di essere oggetto di “macchinazioni” malvage, e ciò – si noti – da parte dei suoi stessi fratelli che cercano di eliminarlo (Gen. 37,18). Questo fatto si riverbererà nella sapienza d’Israele la quale insegnerà: “Non macchinare il male contro il tuo prossimo,/mentre egli abita fiducioso con te” (Prov. 3,29). Quando si ripaga la fiducia col male si commette una malvagità. Quando il fratello prende fiducioso con me la Cena del Signore e io macchino del male contro di lui, mi comporto come Giuda. Perciò una prima indicazione è che: un tale comportamento va evitato dal credente, il quale sa che la fiducia si ripaga con l’amore. L’amore richiama con forza la fiducia. Occorre afferrare e praticare questa lezione, e insegnarla nella speranza che venga attuata.

Geremia predica per correggere il popolo del suo tempo, e per questa ragione diventa l’oggetto di una congiura: “Ero come un agnello mansueto che viene portato al macello, non sapevo che essi tramavano contro di me, dicendo: «Abbattiamo l'albero nel suo rigoglio, strappiamolo dalla terra dei viventi; il suo nome non sia più ricordato».

Ora, Signore degli eserciti, giusto giudice,
che scruti il cuore e la mente,
possa io vedere la tua vendetta su di loro,
poiché a te ho affidato la mia causa (Ger. 11,19 s.).

Il predicatore Geremia “non sapeva”, ignorava di essere al centro di trame ai suoi danni; i congiurati vogliono che il suo nome (= persona) venga dimenticato, come non fosse mai esistito! Come si difende Geremia? Affidando la sua causa al Signore, giusto giudice. Dio non ci protegge semplicemente dal male, ma ci protegge anche nel male (si ricordi p.es. l’esito finale dell’intera vicenda di Giuseppe). E questa è una seconda indicazione preziosa.

Quella di Geremia è la sola ignoranza buona ammessa dalla Bibbia: svolgere con fedeltà la propria opera non sapendo di essere oggetto delle altrui macchinazioni malevole. Se da un lato ciò ci espone al rischio, dall’altro è il segno più evidente della nostra innocenza. Inutilmente, perciò, chi agisce alle spalle tramando il male (chiacchiere, calunnia, disprezzo) potrà attribuirci una qualche responsabilità: Giuseppe stava solo esercitando i suoi talenti buoni; Geremia stava solo predicando ciò che era bene per il popolo. Ecco dunque una terza indicazione valida anche per ciascuno di noi.

Tutto ciò è in certo senso sintetizzato in un brano noto di Paolo apostolo che scrive: “Non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole; perché chi ama il suo simile ha adempiuto la legge. Infatti il precetto: Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non desiderare e qualsiasi altro comandamento, si riassume in queste parole: Amerai il prossimo tuo come te stesso. L'amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento della legge è l'amore. Questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché la nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri” (Rom. 13,8 ss.).

In questo brano si sottolineano due espressioni: quella del debito di un amore vicendevole perché chi ama il suo simile ha adempiuto la legge, e quella dell’amore che non fa nessun male al prossimo perché l’amore è l’adempimento pieno della legge. Siamo in presenza (ed è la quarta indicazione per rispondere alla domanda) di uno dei princìpi fondanti dell’etica di Cristo. Quanti problemi potrebbero essere affrontati e risolti se solo questo princìpio fosse attuato dai cristiani!

Occorre essere semplici come colombe e prudenti come serpenti (Mt. 10,16), anche se non è… semplice. Come non è facile cercare di “non gettare le perle dinanzi ai porci” (Mt. 7,6) perché non sempre i “porci” sono univocamente individuabili. Eppure anche questi sono consigli da tenere ben presenti. L’unica finestra aperta sulla mente della persona umana è il linguaggio (Noam Chomsky). Per cui, ascoltando con attenzione quanto una persona dice, si può capire quel che ha in testa. Ma non è facile, perché l’essere umano sa celare bene le proprie intenzioni cattive.

Un’altra indicazione è che il discepolo vero mette i piedi dove li mette il suo maestro. Dunque il discepolo rispetta la disciplina del Signore: “Non avete ancora resistito fino al sangue nella vostra lotta contro il peccato e avete già dimenticato l'esortazione a voi rivolta come a figli: Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore e non ti perdere d'animo quando sei ripreso da lui; perché il Signore corregge colui che egli ama e sferza chiunque riconosce come figlio. È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non è corretto dal padre? Se siete senza correzione, mentre tutti ne hanno avuto la loro parte, siete bastardi, non figli! Del resto, noi abbiamo avuto come correttori i nostri padri secondo la carne e li abbiamo rispettati; non ci sottometteremo perciò molto di più al Padre degli spiriti, per avere la vita? Costoro infatti ci correggevano per pochi giorni, come sembrava loro; Dio invece lo fa per il nostro bene, allo scopo di renderci partecipi della sua santità. Certo, ogni correzione, sul momento, non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo però arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati. Perciò rinfrancate le mani cadenti e le ginocchia infiacchite” (Ebr. 12,4 ss.).

Nonostante queste indicazioni molto chiare, non sono pochi i cristiani che purtroppo reagiscono alla correzione e alla disciplina con protervia, arroganza, e addirittura con pregiudizio e odio. Questo “agguato di satana” si evita mediante l’umiltà, sottoponendosi con umiltà alla disciplina del Signore.

Si può e si deve cercare di stare lontani dagli operatori di male: oltraggiatori, schernitori, calunniatori, superficiali, incuranti degli ostacoli arrecati ad altri. Occorre seguire il consiglio del salmista ispirato: “Beato l'uomo che non segue il consiglio degli empi,/non indugia nella via dei peccatori/e non siede in compagnia degli stolti;/ma si compiace della legge del Signore,/la sua legge medita giorno e notte” (Sl. 1,1 ss.).

E dopo aver messo in atto tutto questo, occorre pur sempre ricordare che Gesù il quale, ben più di Giuseppe e Geremia, ebbe il dono di conoscere la mente delle persone, non riuscì (né lo volle) a evitare d’essere calunniato, odiato e ucciso. Tale è il destino dell’amore che non incontra la fiducia. Noi possiamo anche non conoscere il pensiero di chi ci sta di fronte, l’importante è che lo conosca Dio; il cristiano e la cristiana affidano pertanto la loro causa al Signore che, ripetiamolo, sa proteggerli non solo dal male, ma anche nel male. Insomma, superficiali, calunniatori, presuntuosi, supponenti, arroganti, malevoli, viscidi e tutti coloro che giudicano in base a pregiudizio e apparenza non prevarranno. Amore, bontà, franchezza, sincerità, semplicità, candore sono più forti della stoltezza.

 

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